NAPOLI – S’intitola “Ardite invenzioni” la mostra della fotografa napoletana Federica Gioffredi, aperta fino al 30 settembre nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Napoli, curata dalla storica dell’arte Bianca Stranieri e dedicata all’architetto Ferdinando Sanfelice, artefice di straordinari progetti per residenze nobiliari. Dal 1704 al 1734, durante il governo dei viceré austriaci, Napoli conosce un periodo di intensa attività edilizia di alto livello creativo e tra i maggiori esponenti spicca l’eclettico Sanfelice. Gioffredi omaggia uno degli artisti più audaci e innovativi del Settecento napoletano, che con “ardite invenzioni” ha trasformato la struttura architettonica della città, quando il livello cetuale si misurava anche attraverso la monumentalità dei palazzi e la grandiosità dei loro portali d’ingresso. Illustre esempio è Palazzo Pignatelli di Monteleone, ornato da colonne decorate con capitelli raffiguranti mascheroni apotropaici. Famoso per la progettazione di scale caratterizzate da una vibrante trasparenza, tanto da aver dato il nome allo stile “sanfeliciano”; lascia un sorprendente esempio nel Palazzo Sanfelice, dove le pareti traforate creano un’osmosi con gli elementi circostanti lasciando intravedere i giardini retrostanti, innescando cosi un processo di trasformazione radicale del patrimonio edilizio.
Forme geometriche elementari in uno spazio vibrante e dinamico con visioni multiple, simmetriche e asimmetriche sono riconducibili alla poetica progettuale della scalinata di Palazzo Cassano Ayerbo D’Aragona. In omaggio a Ferdinando Sanfelice nel 350esimo anniversario della nascita sette scatti fortemente rappresentativi in cui Gioffredi ne coglie il miglior guizzo, librandosi tra architettura, scale aeree, palazzi in trasparenza e sculture imponenti, riesce a cogliere la genialità di un artista che ha impresso all’architettura del XVIII secolo, un’impronta unica e inconfondibile Nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Mondragone, l’artista si espresse felicemente, in particolare attraverso la realizzazione degli altari. Ma a stringere un legame tra l’architetto e questo luogo non fu soltanto l’espressione della sua attività di architetto, bensì anche l’affetto che aveva con chi gli commissionò i lavori, ossia sua sorella Anna, badessa del Ritiro Mondragone fino al 1747 e suo fratello Antonio, vescovo di Nardò cui apparteneva lo splendido apparato liturgico con ricami di seta, recentemente restaurato ed eccezionalmente esposto in mostra.