MILANO – La parola “virus” in questo 2020 è stata la parola più pronunciata assieme a lockdown. Il pensiero di tutti è infatti alla pandemia di Covid-19 in corso, ma dal “Global Health – Festival della Salute Globale” arriva il monito che ci ricorda come le infezioni virali siano numerose e diffuse in ogni epoca e luogo. Non è infatti la prima pandemia che il nostro pianeta si trova a dover fronteggiare, né l’unica in corso. Esistono infatti altri virus che continuano a mietere vittime nonostante si abbiano strumenti validissimi per fronteggiarli. Nella sessione “Insieme contro l’Epatite e l’Hiv in tempo di Covid”, alla ricerca del virus, organizzata con il contributo non condizionato di Gilead Sciences per venerdì 13 alle 11, si parlerà di due casi emblematici: HIV ed Epatite C.
Porteranno il loro contributo il Viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, la dott.ssa Loreta Kondili, Medico Ricercatore presso il Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità e Responsabile della Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti ViRali (PITER), la dott.ssa Barbara Suligoi, Direttore del Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità, il DG di Gilead Sciences Italia, Valentino Confalone, con la moderazione del giornalista Daniel Della Seta. Il dibattito riguarderà i tre virus che sono testimonianza diretta della globalizzazione in epoche diverse, in Italia e nel mondo: Sars-Cov2, HCV e HIV. Proprio all’HIV, il 15 novembre, sarà dedicato anche il dialogo “Aids: cosa è cambiato e cosa deve cambiare per sconfiggerla” tra Anton Pozniak, Presidente della International AIDS Society e fra i massimi esperti mondiali in materia, e il Prof. Stefano Vella, condirettore del Festival insieme al Prof. Walter Ricciardi.
TRE VIRUS NEGLI ULTIMI 40 ANNI CI HANNO CAMBIATO LA VITA
“Abbiamo tre virus con i quali ci confrontiamo ciclicamente negli ultimi 40 anni: oltre al Sars-CoV-2, i virus dell’HCV e dell’HIV, scoperti negli anni’80. Tre momenti diversi che hanno contrassegnato la storia dell’uomo e influenzato i suoi comportamenti. L’esperienza vissuta ci può essere utile per imparare la lezione in relazione all’attualità. L’HCV, l’Epatite C, è un virus che possiamo eradicare con un trattamento di poche settimane, gratuito che in Italia il SSN dispone per i pazienti da avviare e prendere in carico con la formula del “linkage to care” nei centri prescrittori di infettivologia, epatologia e medicina interna” sottolinea il Viceministro della Salute Pierpaolo Sileri. Ma che capacità abbiamo noi di individuare i pazienti affetti dal virus?
E’ questa la lezione per tracciare e far emergere la malattia. È importante sottolineare la duplice lettura dell’attuale situazione pandemica. E’ un problema di salute pubblica. Il Covid-19 ci ha insegnato come sia possibile grazie agli attuali screening dedicati poter abbinare altri test di assoluta semplicità e facilità di esecuzione, per far emergere il “sommerso” ovvero l’enorme numero di pazienti, stimati in oltre 300mila, ancora inconsapevoli di avere contratto anni fa il virus dell’Epatite C, che può essere mortale per le complicanze che potrebbe avere se non trattato, provocando cirrosi ed epatocarcinoma.
IL PROGETTO LAB MOBILE
La nuova emergenza non ha fatto passare in secondo piano le altre iniziative. A questo proposito, il 4 novembre a Firenze è ripartito il Lab Mobile “Insieme contro l’AIDS e l’Epatite”: l’iniziativa, realizzata con il contributo non condizionato di Gilead Sciences, in collaborazione con la Caritas e i volontari del Cuamm, e con la richiesta di patrocinio del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, è stata promossa dalla SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, con il patrocinio della SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali e dell’AISF – Ass. Italiana per lo Studio del Fegato e di Fondazione The Bridge.
Lo scopo del Lab è quello di sensibilizzare la popolazione sui corretti atteggiamenti di prevenzione per le malattie infettive, di informare su quelli che sono i rischi concreti e di effettuare screening. A bordo, personale specializzato per effettuare gli esami clinici per scoprire il “sommerso” per Epatite C e HIV. Laddove si individueranno soggetti affetti da queste infezioni, seguirà il linkage-to-care, la presa in carico del paziente che verrà sottoposto ai trattamenti specifici. Il Lab Mobile è partito proprio un anno fa da Piazza San Pietro per la Giornata della Povertà e abbraccia molte altre piazze d’Italia: a Roma dal 14 al 20 Novembre, poi a Firenze dal 21 al 29 per il Congresso SIMG e infine a Bologna dal 13 Dicembre per il Congresso SIMIT.
Il Covid-19 ci permette di intervenire come opportunità irrinunciabile di tracciamento e di intervento tempestivo dei focolai che si presentano, tracciare la catena del contagio, e in tal modo Covid trae beneficio dall’esperienza passata e la ricerca del virus ci permette di sfruttare i test sul Covid per fa emergere anche gli altri virus che certo non si sono fermati, ma vanno fermati e controllati per arrivare secondo le indicazioni dell’OMS a un paese come l’Italia libero dall’Epatite C nel 2030. Ricercare i possibili serbatoi del virus HCV e HIV, nelle categorie più disagiate, tra poveri, indigenti, tossicodipendenti e detenuti.
L’EPATITE C: UNA SFIDA DA VINCERE
Il Nobel per la Medicina 2020 assegnato agli americani Harvey J. Alter e Charles M. Rice e allo scienziato britannico Michael Houghton per la scoperta del virus dell’Epatite C rappresenta un nuovo incentivo per la lotta a questa infezione. Questa scoperta, infatti, ha costituito il primo passo per salvare milioni di persone: da quel momento, la scienza ha fatto continui progressi, fino a scoprire i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), che permettono di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi rapidi e senza effetti collaterali.
Questi strumenti hanno portato l’OMS ha fissare dei target globali per il 2030: la riduzione dell’incidenza fino al 65% della mortalità virus correlata e, in molti Paesi, l’eliminazione dello stesso virus. Anche l’Italia si è messa in corsa, con eccellenti risultati fino a inizio 2019, con oltre 200mila pazienti trattati. Tuttavia, a partire dallo scorso anno si è verificato un decremento nel numero dei trattamenti a causa delle difficoltà di individuare il “sommerso”, prima del crollo provocato dalla pandemia, che ha portato l’Italia a non essere più on track nel processo di eliminazione.
“Oggi emerge come prioritario un ampliamento degli screening, ossia la ricerca attiva dell’infezione nelle persone che non sanno di essere affette dal virus dell’Epatite C – sottolinea la dott.ssa Loreta Kondili – La politica ci ha dato una mano: a febbraio è stato approvato l’emendamento al Decreto Milleproroghe che ha stanziato 71,5 milioni di euro in 2 anni per gli screening, ma manca ancora il Decreto attuativo. Si stimano circa 280mila persone ancora ignare di avere l’infezione da epatite C. Dobbiamo rivolgerci alla coorte di individui nati tra il 1969 e il 1989 e alle cosiddette ‘key population’, quali tossicodipendenti e detenuti. Numerose evidenze scientifiche mostrano che la prevalenza dell’infezione è più alta in queste popolazioni: si stima che in Italia l’infezione riguardi 150mila persone che abbiano fatto uso di stupefacenti per via endovenosa, recentemente o in passato, e 80mila che hanno fatto tatuaggi nel passato con procedure carenti di adeguati controlli igienico sanitari. Gli screening devono procedere rapidamente affinché la malattia non progredisca: si è stimato che durante la pandemia da Covid-19, un ritardo di solo 6 mesi nel trattamento (e adesso siamo ben oltre) tra 5 anni potrebbe provocare 500 morti, che invece sarebbero evitabili se il ritardo non si verificasse o se si riuscisse a recuperare rapidamente”.
L’Epatite C e le sfide poste da questa infezione saranno anche al centro della Tavola Rotonda che si svolgerà online martedì 17 novembre “Dal Decreto attuativo sullo screening all’obiettivo finale ‘to cure’: percorso condiviso e condivisibile a livello Centrale e Regionale”, con Responsabili Scientifici la dott.ssa Loreta Kondili e il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT. Parteciperanno i rappresentati dell’Associazione dei pazienti EpaC Onlus, delle Società Scientifiche operanti nel settore AISF, SIMIT, SIMG, FeDer,SerD,, SIMSPe, SiPaD, SiHTA, rappresentanti delle istituzioni.
LA PANDEMIA DEGLI ANNI ’90: L’AIDS
Nel mondo sono circa 36,7 milioni le persone che hanno contratto il virus dell’HIV e, nonostante la sindrome sia stata identificata nel 1984, oltre 35 milioni di persone sono morte a causa dell’AIDS, una delle pandemie più distruttive della storia.
“Oggi l’HIV non ha più la stessa incidenza degli anni ’90 – spiega la dott.ssa Suligoi – In Italia vi sono almeno 130mila persone HIV positive. In 10 anni, è diminuito del 38% il numero delle nuove diagnosi annuali; negli ultimi 7-8 anni vi è stato un decremento del 20% della mortalità per l’AIDS. Ma l’HIV non è scomparso e restano alcuni dati preoccupanti: l’incidenza più alta è tra i giovani di 25-29 anni, ed è peggiorata la percezione del rischio per l’HIV, tanto che più della metà delle persone che arrivano ad avere una diagnosi di HIV non sanno neppure di essere sieropositive. Anche in questo ambito, la pandemia ha prodotto effetti negativi, ritardando diagnosi e trattamenti. Tuttavia, oggi le persone affette da HIV possono fare affidamento su scoperte scientifiche senza precedenti: oggi l’aspettativa di vita di una persona affetta da infezione da HIV è sostanzialmente sovrapponibile a quella della popolazione generale, la qualità di vita è simile al resto della popolazione,si può ridurre la viremia e conseguentemente il rischio trasmissione dell’infezione. Proprio su questa novità, il 2019 ci ha consegnato un’evidenza scientifica rivoluzionaria, sintetizzata nell’acronimo U=U, Undetectable=Untransmittable, cioè Non rilevabile=Non trasmissibile. Una conclusione che supporta l’efficacia della terapia antiretrovirale nella prevenzione della trasmissione dell’infezione da HIV da persone che hanno raggiunto la soppressione virologica.
Tanti, però, soprattutto i più giovani, non sono consapevoli della persistente diffusione dell’HIV, così come rimane insufficiente nella popolazione generale la conoscenza sulle modalità di trasmissione del virus, sui rischi che si corrono avendo rapporti sessuali non protetti da preservativo, sull’adozione di comportamenti corretti e sulle modalità di prevenzione. Su quest’ultimo punto, la PrEP, la profilassi pre-esposizione, che consiste nell’assunzione preventiva di farmaci attivi contro l’HIV, si è dimostrata efficace nel prevenire l’acquisizione dell’HIV ma resta poco diffusa e molto costosa. Oggi dunque l’infezione da HIV si può “cronicizzare”, ma servono maggiore informazione sul ‘sesso sicuro’, prevenzione più diffusa, migliore accesso al test HIV (compresi i test rapidi), assistenza multidisciplinare a lungo termine per far fronte alle comorbidità che emergono nella terza età, ed uno stretta integrazione con la medicina del territorio”.
I temi relativi all’HIV sono stati al centro anche del Congresso ICAR 2020, organizzato sotto l’egida della SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. L’appuntamento, svoltosi online a metà ottobre, ha coinvolto comunità scientifica, giovani ricercatori, personale sanitario non-medico, la Community dei pazienti, la società civile. Prevenzione (dal messaggio U=U, alla PrEP al Testing) e innovazione (dalla medicina personalizzata all’eradicazione e alla cura) al centro delle relazioni presentate.
IL FESTIVAL DELLA SALUTE GLOBALE
I temi di HIV e HCV sono al centro del Global Health, il Festival della Salute Globale, la manifestazione in corso dal 9 al 15 novembre 2020, in modalità online sul sito www.festivalsaluteglobale.it e sulla relativa pagina facebook. Un’occasione per conoscere e informarsi direttamente sull’attuale situazione sanitaria globale, nonché sulle ripercussioni della stessa nella sfera ambientale, sociale, economica e culturale. L’obiettivo è creare sempre più cittadini consapevoli e aperti al sapere, con un’attenzione particolare ai giovani, i professionisti della futura classe dirigente. Il Festival della Salute Globale è ideato e progettato dagli Editori Laterza, in collaborazione con il Comune e l’Università di Padova, con il patrocinio della Regione Veneto, della Provincia di Padova e della Camera di Commercio di Padova. Partner della manifestazione, la ONG Medici con l’Africa CUAMM. La Direzione scientifica è curata dal Prof. Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene e Medicina Preventiva all’Università Cattolica, e dal Prof. Stefano Vella, già Presidente dell’AIFA e Direttore del Centro per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità e attualmente docente di Salute Globale, Facoltà dell’Università Cattolica. Tutti gli approfondimenti sono visibili sul sito e via facebook in diretta e in registrata.