L’automazione dei processi è diventata un paradigma per la crescita del business e per l’applicazione di strumenti chiave che facilitano lo sviluppo di organizzazioni, amministrazioni e persino modelli di relazione. Dopo anni segnati dall’incertezza e dai cambiamenti in ambito globale, oggi è impossibile concepire il futuro senza proposte come la robotizzazione e la sua combinazione con l’advanced analytics, l’intelligenza artificiale, la crescita del cloud o l’interconnettività. Fanno parte della prossima fase della trasformazione digitale, il cui progresso è già inarrestabile.
I vantaggi sono evidenti. L’applicazione dell’automazione ai processi è diventata un’opportunità per generare valore aggiunto nell’azienda. Porta una maggiore efficienza operativa, una maggiore generazione di valore e una differenziazione competitiva rispetto ad altre aziende e istituzioni. Non solo ottimizza l’uso dei sistemi esistenti e supporta il lavoro dei dipendenti, ma contribuisce anche a migliorare l’esperienza dell’utente, incidendo positivamente su produttività ed efficienza.
Non da ultimo, è una delle digitalizzazioni più convenienti. L’applicazione della robotica e dell’automazione ha un impatto medio del 30% sui costi operativi, si realizza in poche settimane e ha un ritorno sull’investimento (ROI) in soli due o tre mesi, consentendo di ottenere risultati tangibili a breve termine.
Una delle obiezioni più frequenti nei confronti dell’automazione riguarda la convinzione che la digitalizzazione e l’adozione di nuove tecnologie possano portare alla perdita di posti di lavoro. Emerge la paura del cambiamento, nonostante il fatto che questo processo di evoluzione industriale sia stato una costante della nostra storia. Negli anni Cinquanta, negli Stati Uniti è stato stilato un elenco di posti di lavoro che rischiavano di andare persi a causa dell’aumento dell’automazione allora in uso. L’elenco comprendeva 270 lavori. Alla fine, solo la professione di operatore di ascensore scomparve.
Tornando ai giorni nostri, secondo lo studio “Generative AI and Jobs” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, uno strumento molto discusso negli ultimi mesi come l’intelligenza artificiale generativa (la tecnologia alla base di chatbot come ChatGPT e Bard, tra gli altri) potrebbe contribuire all’aumento dei posti di lavoro anziché alla loro diminuzione. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, l’intelligenza artificiale generativa, infatti, aiuterebbe ad automatizzare determinate mansioni e non a sostituirle completamente. Inoltre, l’impatto di questa nuova tecnologia dirompente potrà incidere soprattutto sul modo di lavorare, sulla qualità e sull’intensità del lavoro.
In generale il progresso implica un cambiamento, e questo processo si è verificato in molte professioni. Competenze che secoli fa erano ineludibili per l’uomo sono state trasformate dal processo di industrializzazione e di sviluppo per lasciare il posto ad altre funzioni e dare vita a nuovi settori di crescita. Questi cambiamenti sono avvenuti per aumentare la qualità delle attività e dei servizi e per ottenere una maggiore specializzazione degli individui, non per sostituire il fattore umano, che è senza dubbio essenziale e il bene più prezioso nella catena di produzione. La chiave è la qualità dell’analisi delle informazioni che un professionista può svolgere grazie ai programmi di intelligenza artificiale, la conversione dei professionisti per svolgere compiti diversi e a maggior valore aggiunto o la creazione di spazi in cui si sentano più realizzati professionalmente.
In altre parole, trasferire le esigenze del passato alle sfide di oggi. Ecco perché stanno comparendo nuovi ruoli, come quello di prompt engineer, sviluppatori di algoritmi etici, analisti quantistici, gamer… Nessuno di questi esisteva fino a pochi anni fa, ma coprono esigenze attuali e reali e permettono uno sviluppo più qualificato verso mansioni più evolute e diverse.
Il futuro è inconcepibile senza l’uomo. Uno dei principali ostacoli alla prossima ondata di trasformazioni digitali è la mancanza di professionisti, utenti e lavoratori in questi settori. I talenti specializzati, insieme alla gestione dei dati e alla cybersicurezza, saranno le basi su cui costruire i modelli di business più immediati.
Dove sta il limite? Dove è sempre stato: nelle persone. La trasformazione non è mai assoluta e, nel caso dell’automazione, si prevede che sarà parziale nella maggior parte dei lavori. Oggi il 60% dei lavori può essere automatizzato in parte, ma solo il 7% di essi può essere automatizzato in più del 50% dei processi. Sono convinto che nei prossimi anni assisteremo all’automazione dei processi e delle operazioni in quasi tutti i settori di attività. Ma dubito fortemente che questo escluderà il fattore umano. È il valore principale su cui si basa ogni possibile evoluzione.
Alberto Bazzi, direttore in Italia di Digital Business Technologies presso Minsait