(PRIMAPRESS) – ROMA – Un emendamento al decreto fiscale, recentemente approvato in commissione finanze alla Camera, se dovesse essere confermato nell’approvazione in aula, porterebbe il limite massimo della tassa di soggiorno da 5 a 10 euro, per i comuni che registrano un numero di presenze annue superiore a venti volte l’entità dei propri residenti. In sostanza tutte le gradi città d’arte. Ora la questione è che la tassa non coinvolgerà solo i turisti stranieri che facendo due conti potrebbero decidere di dirigersi verso altre destinazioni, Ma riguarderà gli stessi turisti italiani che vorranno visitare Roma, Milano Firenze o Venezia. Una famiglia di quattro persone per viaggiare nel proprio paese dovrà sborsare 40 euro al giorno senza contare pernottamento e ristoranti.
“La manovra che avrebbe dovuto ridurre la pressione fiscale sembra contenere un unico intervento in materia di turismo: il raddoppio dell’imposta di soggiorno, da 5 a 10 euro per notte e per persona – commenta adirato il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca -. Rimane inoltre in capo agli albergatori l’onere di riscuotere l’imposta e di sostenere in toto le relative spese (per esempio le commissioni delle carte di credito), per di più con l’aggravante di un sistema sanzionatorio lunare, che punisce con penali anche piccoli ritardi ed errori formali di minima entità. Sembrano al contrario spariti dai radar gli emendamenti dei relatori che erano trapelati venerdì scorso, in materia di riqualificazione delle strutture e di contrasto all’abusivismo. Nessuna notizia infine neanche in relazione alle misure di tutela per le imprese colpite dal fallimento di Thomas Cook, per le quali il mese scorso erano stati assunti in Parlamento impegni solenni. Insomma, dopo tante promesse, siamo alle solite: il turismo viene trattato sempre e soltanto alla stregua di una mucca da mungere. Per anni abbiamo chiesto maggior attenzione per il settore. Forse è ora di cambiare verso. Se proprio non riescono a far di meglio, forse è bene che smettano di occuparsene».«Il recente emendamento al decreto fiscale, che introduce la possibilità di portare la tassa di soggiorno fino a un massimo di 10 euro, rappresenta un dannoso modo di procrastinare la soluzione dei problemi – gli fa quindi eco il vicepresidente vicario di Federturismo Confindustria, Marina Lalli -. Il fenomeno del sovraffollamento delle destinazioni, a cui questa tassa vorrebbe porre rimedio, non si combatte a colpi di imposte a carico dei turisti o delle imprese, ma con una programmazione intelligente dei flussi da realizzarsi attraverso il coordinamento delle politiche di promozione e marketing, di attrattività dei territori, di gestione della domanda. Queste sono solo nuove tasse che colpiranno la fascia di turisti che pernotta nelle strutture ricettive e non toccherà invece quella enorme platea di soggetti che, a vario titolo e non sempre legalmente, offre alloggio nelle località della Penisola».
La nuova norma, per la verità, è stata strutturata in modo tale da non essere applicabile a città come Milano o Roma, visto che la loro dimensione pone le due destinazioni al di fuori dei parametri previsti dal provvedimento. Potranno invece aumentare l’imposta di soggiorno mete quali Venezia e Firenze, così come località come Rimini, Capri o Cortina, nonché tutte le più celebri destinazioni medio-piccole del Paese.
A oggi sono stati oltre mille i comuni italiani che hanno applicato la tassa in questione o quella di sbarco. Si tratta delle località che raccolgono il 75% dei pernottamenti complessivi nella Penisola. Roma, Firenze, Venezia e Milano, da sole raccolgono il 58% del gettito annuo totale, per una cifra di più di 240 milioni di euro. – (PRIMAPRESS)