ROMA – La Scozia è il primo Paese al mondo in cui gli assorbenti e tutti i prodotti necessari alle donne nel periodo delle mestruazioni sono gratis. Una notizia rimbalzata da un capo all’altro del globo, che mette in primo piano un tema fondamentale: la necessità di considerare questi prodotti un bene essenziale, un bene di prima necessità. Una conquista culturale, sociale ed economica, che accende i riflettori su alcuni temi fondamentali per i diritti delle donne, abbattendo lo stigma ancora presente, e dando un sostegno in un momento in cui la pandemia accresce le difficoltà economiche. Un argomento – come evidenziato da APE Associazione Progetto Endometriosi, che unisce le pazienti di tutta Italia per fare informazione e creare consapevolezza su questa patologia – che tocca da vicino anche le donne affette da endometriosi, malattia complessa che in Italia colpisce circa 3 milioni di donne l’anno, e che apre una discussione pubblica su problematiche e diritti che riguardano il mondo femminile.
Se in Scozia l’obiettivo della gratuità degli assorbenti è stato raggiunto dopo una campagna durata quattro anni, in Italia i prodotti indispensabili per l’igiene intima durante il ciclo mestruale sono considerati ancora un bene di lusso, con l’Iva al 22%. Dallo scorso anno, il governo italiano ha abbassato l’Iva al 5% solo per gli assorbenti biodegradabili e compostabili, che però non sono facili da trovare ed hanno costi più elevati. In Scozia saranno invece disponibili in modo universale per tutte: nelle scuole, all’università, in altri luoghi pubblici come ristoranti e pub. Una decisione a cui il parlamento scozzese è arrivato anche per arginare il “period poverty”, cioè l’impossibilità economica di accedere a prodotti igienici e sanitari per le mestruazioni, aumentata con il Covid. Secondo una ricerca del gruppo Women for Independence quasi una donna su cinque ha sperimentato la “period poverty”. E nel Regno Unito, secondo uno studio di Plan International UK, il 10% delle ragazze tra i 14 e i 21 anni ha affermato di non potersi permettere gli assorbenti. Eppure, in media, una donna deve utilizzare circa 12mila assorbenti durante la sua vita. Un mercato che solo in Italia vale 2,6 miliardi di euro l’anno.
«Nel nostro Paese vige ancora la tampon tax fissa al 22% di Iva e gli assorbenti sono equiparati a beni di lusso come se non fossero realmente indispensabili per le donne –
commenta Sara Beltrami, co-referente per le relazioni istituzionali e la tutela delle donne di APE -. Ma le mestruazioni, così come altre necessità femminili, non sono una scelta. Il loro valore è dunque non solo economico ma anche simbolico: detassare gli assorbenti è un gesto di inclusione sociale per tutte le donne, anche per quelle affette da endometriosi, spesso molto giovani e spesso alle prese con gli alti costi necessari per curarsi». L’endometriosi è una malattia che ha origine dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, chiamato endometrio, in altri organi (ad esempio ovaie, tube, peritoneo, vagina e nei casi più gravi anche intestino e vescica). Provoca dolori fortissimi, soprattutto durante il ciclo mestruale, e sofferenze fisiche acute – e di conseguenza anche psicologiche -, limitando la vita quotidiana, i rapporti interpersonali e di coppia. Ad essere coinvolte sono soprattutto giovani donne tra i 25 e i 35 anni che hanno difficoltà a ricevere una diagnosi che possa portare a cure mirate e indispensabili. I costi per le cure sono alti e vanno di pari passo con la mancanza di diritti. Ad esempio, per le donne affette da endometriosi non ci sono esenzioni sull’acquisto di alcuni medicinali, terapie e altre prestazioni multidisciplinari non garantite dal sistema sanitario nazionale (la psicoterapia, l’osteopatia, il nutrizionista). E spesso devono rivolgersi a medici privati e a centri specializzati fuori regione per essere curate nei tempi brevi, essendo la diagnosi precoce fondamentale per affrontare la patologia. Difficoltà e spese che sono aumentate durante la pandemia, come rilevato da un recente questionario pubblicato per la prima volta da APE, svolgendo un’indagine inedita sugli effetti del Covid sull’endometriosi che ha coinvolto oltre mille donne in tutta Italia. La tampon tax diventa così un ulteriore fardello economico, sociale e culturale.
Nel resto d’Europa, però le cose vanno un po’ meglio. In Francia, la tampon tax è stata ridotta nel 2015 dal 20 al 5,5%; in Belgio dal 21 al 6% nel 2018; nei Paesi Bassi era già al 6%, invece in Irlanda non ci sono tasse sugli assorbenti. In Germania, dal 1°gennaio 2020 l’imposta sugli assorbenti è stata ridotta dal 19% al 7% ed anche la Spagna si è impegnata a contrarre la “tampon tax” dal 10% al 4%. D’altronde, esiste una direttiva del Consiglio Europeo del 2006 che stabilisce che «i prodotti di protezione per l’igiene femminile possono essere assoggettati alle aliquote ridotte».
«Abbattere le tasse sugli assorbenti e ampliare i diritti delle donne è un segno di civiltà – sottolinea Sara Beltrami di APE…-. Permette di rompere tabù e pregiudizi. Inoltre, gli assorbenti sono uno dei 5 rifiuti più presenti nel mare. Un rifiuto di lusso. Occorre fare una campagna di sensibilizzazione al corretto smaltimento di questi rifiuti e rendere più accessibili anche gli assorbenti “ecologici”. Eliminare le tasse su questi prodotti indispensabili, come sottolineato da Monica Lennon, portavoce per la salute del Labour scozzese, è un messaggio importante, perché “nel mezzo di una pandemia globale possiamo ancora mettere i diritti delle donne e delle ragazze in cima all’agenda politica”.